Il Futuro dello Slow Journalism e della Moda con l’AI: Una Conversazione con Alberto Puliafito
Eccoci tornati con una nuova intervista curata da Francesco Cerisano per Aracne Hub. Questa volta siamo con Alberto Puliafito, fondatore di Slow News, per parlare di intelligenza artificiale, giornalismo e moda.
Alberto ci racconta come l’AI possa diventare un alleato prezioso per il giornalismo, automatizzando compiti ripetitivi e liberando tempo per contenuti di qualità. Ma non solo: ci offre la sua visione sull’impatto dell’AI nel design e nella sostenibilità nella moda, senza tralasciare le sfide etiche e i rischi legati a queste tecnologie.
Un’intervista che intreccia tecnologia, creatività ed etica, offrendo spunti imperdibili per il futuro del giornalismo e della moda.
Potresti raccontarci qualcosa di te e del tuo percorso lavorativo? Quali sono state le tappe più significative della tua carriera nel giornalismo e nell’analisi dei media?
Il mio percorso lavorativo è stato variegato e mi ha portato a lavorare in vari ambiti del giornalismo, della produzione e della consulenza digitale. Dal 2004 mi occupo di digitale e ho fondato diverse realtà, tra cui IK Produzioni e la start-up giornalistica Slow News, di cui sono direttore. Ho inoltre formato oltre 3500 giornalisti come Google News Lab Teaching Fellow per l’Italia e sono autore di diversi saggi, l’ultimo dei quali esplora le intelligenze artificiali generative. Attualmente, mi dedico all’analisi dei media e all’innovazione nel giornalismo, cercando di coniugare la tecnologia con l’approccio umano.
Hai scritto molto sull’intelligenza artificiale e su come questa sta trasformando il giornalismo. Puoi condividere un esempio specifico di come hai utilizzato l’AI generativa per migliorare il processo giornalistico o per affrontare una sfida specifica?
L’intelligenza artificiale generativa è diventata un alleato prezioso nel mio lavoro quotidiano. La utilizzo per risparmiare tempo nel news gathering, cioè nel reperimento delle notizie, e per la stesura di bozze di testi ripetitivi. Mi è utile anche per partecipare a bandi, compilare moduli in maniera più veloce e gestire la corrispondenza estera. In sostanza, l’AI mi permette di liberare tempo dalle attività più noiose e ripetitive, così da potermi dedicare a ciò che conta veramente nel giornalismo.
Come si integra la filosofia dello slow journalism con l’uso delle tecnologie AI? Pensi che l’AI possa contribuire a migliorare la qualità delle notizie e a contrastare l’infodemia?
La filosofia dello slow journalism si integra perfettamente con l’uso dell’intelligenza artificiale. Se una macchina può produrre pezzi a basso valore aggiunto, significa che non era questo ciò che avremmo dovuto fare come giornalisti. Non dovevamo vendere il giornalismo digitale come qualcosa di rapido e quantitativo. Il valore del giornalismo risiede altrove, e l’AI, se utilizzata in modo intelligente, può aiutarci a concentrarci sulla qualità, lasciando alle macchine la produzione quantitativa. Tuttavia, non sono ottimista nel vedere il mainstream dirigersi verso questa direzione.
Secondo te, in che modo l’AI potrebbe influenzare il settore della moda? Ci sono esempi di come l’AI potrebbe essere utilizzata per migliorare la creazione di contenuti visivi o il marketing nel mondo del fashion?
Questa è una domanda interessante perché non ci avevo riflettuto prima d’ora. Pensando a ciò che ho visto e fatto con l’AI, credo che possa diventare un potente strumento in diverse fasi: dal concept alla bozza di design, fino alla sperimentazione di nuovi materiali. Penso possa anche diventare un ottimo alleato per le questioni di sostenibilità, pur sapendo che l’AI stessa ha problemi di sostenibilità intrinseca. Tuttavia, l’efficacia dell’AI dipende sempre dalle persone che la utilizzano; la tecnologia in sé non è una soluzione magica.
L’uso crescente dell’AI nel giornalismo e nella moda solleva varie questioni etiche, come la privacy dei dati e l’autenticità dei contenuti. Quali sono le tue principali preoccupazioni etiche riguardo l’AI? Come suggeriresti di affrontare queste sfide per garantire un uso responsabile della tecnologia?
Le sfide etiche legate all’AI sono, in realtà, sfide umane e non puramente tecnologiche. Le mie principali preoccupazioni riguardano più la società e gli esseri umani che le macchine stesse. Vorrei che queste tecnologie fossero trasparenti, accessibili e che permettessero di avere visibilità sui dati con cui sono state addestrate. Purtroppo, esiste già un enorme divario tra chi ha le risorse per usare queste tecnologie e chi non le ha. Per affrontare queste sfide, credo sia fondamentale puntare su dati come bene comune, macchine ispezionabili e accessibili a tutti. Dobbiamo anche adottare un approccio multidisciplinare, che coinvolga la tecnologia, ma anche l’aspetto umanistico, politico e sociologico.
Qual è la tua visione per il futuro dell’AI nel giornalismo e nella moda? Cosa consiglieresti ai giovani giornalisti e creativi che vogliono esplorare l’uso dell’AI nei loro settori?
Consiglio sempre di sperimentare, soprattutto se si ha la possibilità di farlo con i bambini, perché aprono nuovi orizzonti e usano queste macchine in modo creativo, senza pregiudizi. Se non si hanno figli, è importante avvicinarsi all’AI con lo spirito del principiante, giocare con queste tecnologie, smontarle per vedere come funzionano, e provare ad applicarle a casi pratici. Questo consiglio vale sia per chi vuole usare l’AI nel giornalismo, sia per chi opera nel mondo della moda.